Negli anni '70 la tradizione del cero pasquale dipinto era quasi scomparsa, pur essendo già stato pubblicato il nuovo Messale Romano, rinnovato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II, che raccomandava l’uso del cero nuovo ogni anno, che si consumasse realmente. A Roma, capitale della cristianità, per esempio, quasi tutti i negozi di articoli religiosi e anche le cererie vendevano ceri pasquali di plastica con immagini adesive.
Grazie alla riscoperta della Veglia Pasquale e dei segni liturgici, da parte del Cammino Neocatecumenale, si è recuperata la tradizione del cero pasquale in cera dipinto con i simboli della Resurrezione. Anche la patriarcale basilica di San Pietro ha sempre mantenuto la tradizione del cero pasquale autentico e dipinto.
Nel 1988 la Congregazione per il Culto divino, nella lettera Paschalis sollemnitatis sottolineò che «Nel rispetto della verità del segno, si prepari il cero pasquale fatto di cera, ogni anno nuovo, unico, di grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo».
Alla fiamma del cero vengono accese le candele per la rinnovazione delle promesse battesimali nel corso della Veglia pasquale e, nel corso dell’anno liturgico, le candele che vengono consegnate dopo l’amministrazione del sacramento del battesimo, come segno della luce di Cristo che sempre deve ardere nel cuore dei fedeli.
Proprio perchè segno della luce splendente di Cristo risorto, nel corso della Veglia pasquale il cero pasquale viene incensato con tre colpi del turibolo, proprio come si incensano: il Ss.mo Sacramento, la reliquia della santa Croce e le immagini del Signore esposte alla pubblica venerazione, le offerte per il sacrificio della Messa, la croce dell’altare, l’Evangeliario, il sacerdote e il popolo.
Il Messale Romano prescrive che, prima dell’accensione, nel corso della Veglia pasquale il cero possa essere preparato, perchè i fedeli possano comprenderne meglio il significato.
(I numeri si riferiscono ai paragrafi del Messale Romano, che sono riportati integralmente)
Il Cristo ieri e oggi
incide l’asta verticale;
Principio e fine
incide l’asta orizzontale;
Alfa
incide sopra l’asta verticale la lettera A;
e Omega.
incide sotto l’asta verticale la lettera Ω;
A lui appartengono il tempo
nell’angolo sinistro superiore della croce incide la prima cifra dell’anno corrente;
e i secoli
nell’angolo destro superiore della croce incide la seconda cifra dell’anno corrente;
A lui la gloria e il potere
nell’angolo sinistro inferiore della croce incide la terza cifra dell’anno corrente;
e i secoli
nell’angolo destro inferiore della croce incide la quarta cifra dell’anno corrente;
12. Poi il sacerdote può infiggere nel cero, in forma di croce, cinque grani d’incenso, mentre dice:
1. Per mezzo delle sue sante piaghe
2. gloriose
3. ci protegga
4. e ci custodisca
5. il Cristo Signore. Amen.
13. Al fuoco nuovo il sacerdote accende il cero pasquale, dicendo:
La luce del Cristo che risorge glorioso
Disperda le tenebre del cuore e dello spirito.
La processione di ingresso nella chiesa è molto suggestiva e, se nel venerdì santo è stato fatto l’ingresso della croce con le tre soste, ogni annuncio del Lumen Christi ricorda la vittoria di Cristo sul peccato e la morte. La processione viene guidata dalla luce del cero pasquale, quindi senza croce astile e candele accanto. Tutto si svolge nell’oscurità che viene diradata progressivamente dalla luce del cero che si diffonde alle candele di tutti i fedeli raccolti per la solenne veglia pasquale.
Lumen Christi. Oppure: Cristo, luce del mondo.
Tutti rispondono:
Deo gràtias. Oppure: Rendiamo grazie a Dio.
15. Tutti si avviano verso la chiesa: li precede il diacono (o il sacerdote) con il cero acceso. Se si usa l’incenso, il turiferario con il turibolo fumigante incede davanti al diacono.
Sulla soglia della chiesa, il diacono si ferma, e, alzando il cero, canta per la seconda volta:
Lumen Christi. Oppure: Cristo, luce del mondo.
Tutti rispondono:
Deo gràtias. Oppure: Rendiamo grazie a Dio.
e accendono alla fiamma del cero pasquale la loro candela, quindi avanzano.
16. Giunto davanti all’altare, il diacono, rivolto verso il popolo, alzando il cero, canta per la terza volta:
Lumen Christi. Oppure: Cristo, luce del mondo.
Tutti rispondono:
Deo gràtias. Oppure: Rendiamo grazie a Dio.
e si accendono le luci della chiesa, non però le candele dell’altare (vedi n. 31).
18. Il diacono o, in sua assenza, lo stesso sacerdote, dopo aver eventualmente incensato il libro e il cero, proclama il preconio pasquale dall’ambone o dal pulpito: tutti i presenti stanno in piedi e tengono in mano la candela accesa.
Nel canto del Preconio pasquale sono frequenti i richiami alla liturgia della luce e al cero pasquale nella sua vera materia di cera d’api, non di plastica:
In questa notte di grazia
accogli, Padre santo, il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api,
simbolo della nuova luce.
[...]
Ti preghiamo, dunque, Signore,
che questo cero, offerto in onore del tuo nome
per illuminare l’oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
quella stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
Nella liturgia battesimale della Veglia di Pasqua il cero pasquale viene immerso nel fonte, una o tre volte, durante la benedizione dell’acqua per amministrare il sacramento del battesimo ai catecumeni ed ai bambini.
Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare nel tempo pasquale, rimane acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni di questo tempo, sia nella messa, sia a lodi e vespri, fino alla domenica di Pentecoste. Dopo di questa il cero viene conservato con il dovuto onore nel battistero, per accendere alla sua fiamma le candele dei neo-battezzati nella celebrazione del battesimo.
Il cero pasquale viene utilizzato, dalle comunità del Cammino Neocatecumenale, anche per le celebrazioni comunitarie della penitenza e per la celebrazione delle lodi in convivenza.
Grazie alla riscoperta della Veglia Pasquale e dei segni liturgici, da parte del Cammino Neocatecumenale, si è recuperata la tradizione del cero pasquale in cera dipinto con i simboli della Resurrezione. Anche la patriarcale basilica di San Pietro ha sempre mantenuto la tradizione del cero pasquale autentico e dipinto.
Nel 1988 la Congregazione per il Culto divino, nella lettera Paschalis sollemnitatis sottolineò che «Nel rispetto della verità del segno, si prepari il cero pasquale fatto di cera, ogni anno nuovo, unico, di grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo».
Il cero pasquale segno di Cristo Risorto
Il cero pasquale viene acceso al fuoco nuovo benedetto all’inizio della solenne Veglia pasquale. La sua luce dirada le tenebre della chiesa e guida l’assemblea che entra processionalmente in essa, come i figli di Israele erano guidati di notte dalla colonna di fuoco, così i cristiani a loro volta seguono il Cristo che risorge.Alla fiamma del cero vengono accese le candele per la rinnovazione delle promesse battesimali nel corso della Veglia pasquale e, nel corso dell’anno liturgico, le candele che vengono consegnate dopo l’amministrazione del sacramento del battesimo, come segno della luce di Cristo che sempre deve ardere nel cuore dei fedeli.
Proprio perchè segno della luce splendente di Cristo risorto, nel corso della Veglia pasquale il cero pasquale viene incensato con tre colpi del turibolo, proprio come si incensano: il Ss.mo Sacramento, la reliquia della santa Croce e le immagini del Signore esposte alla pubblica venerazione, le offerte per il sacrificio della Messa, la croce dell’altare, l’Evangeliario, il sacerdote e il popolo.
Il Messale Romano prescrive che, prima dell’accensione, nel corso della Veglia pasquale il cero possa essere preparato, perchè i fedeli possano comprenderne meglio il significato.
(I numeri si riferiscono ai paragrafi del Messale Romano, che sono riportati integralmente)
PREPARAZIONE DEL CERO
11. Se per motivi pastorali, si ritiene opportuno mettere in risalto con alcuni simboli la dignità e il significato del cero pasquale, si può fare in questo modo: compiuta la benedizione del fuoco, un accolito, o uno dei ministri, porta il cero pasquale davanti al celebrante. Il sacerdote, con uno stilo, incide nel cero una croce: sopra di essa traccia la lettera A (alfa) e sotto la lettera Ω (omega); entro i bracci della croce traccia quattro cifre per indicare l’anno corrente, sottolineando i gesti con queste parole:Il Cristo ieri e oggi
incide l’asta verticale;
Principio e fine
incide l’asta orizzontale;
Alfa
incide sopra l’asta verticale la lettera A;
e Omega.
incide sotto l’asta verticale la lettera Ω;
A lui appartengono il tempo
nell’angolo sinistro superiore della croce incide la prima cifra dell’anno corrente;
e i secoli
nell’angolo destro superiore della croce incide la seconda cifra dell’anno corrente;
A lui la gloria e il potere
nell’angolo sinistro inferiore della croce incide la terza cifra dell’anno corrente;
e i secoli
nell’angolo destro inferiore della croce incide la quarta cifra dell’anno corrente;
12. Poi il sacerdote può infiggere nel cero, in forma di croce, cinque grani d’incenso, mentre dice:
1. Per mezzo delle sue sante piaghe
2. gloriose
3. ci protegga
4. e ci custodisca
5. il Cristo Signore. Amen.
13. Al fuoco nuovo il sacerdote accende il cero pasquale, dicendo:
La luce del Cristo che risorge glorioso
Disperda le tenebre del cuore e dello spirito.
La processione di ingresso nella chiesa è molto suggestiva e, se nel venerdì santo è stato fatto l’ingresso della croce con le tre soste, ogni annuncio del Lumen Christi ricorda la vittoria di Cristo sul peccato e la morte. La processione viene guidata dalla luce del cero pasquale, quindi senza croce astile e candele accanto. Tutto si svolge nell’oscurità che viene diradata progressivamente dalla luce del cero che si diffonde alle candele di tutti i fedeli raccolti per la solenne veglia pasquale.
PROCESSIONE
14. Il diacono o, in sua assenza, il sacerdote prende il cero pasquale e, tenendolo elevato, da solo canta:Lumen Christi. Oppure: Cristo, luce del mondo.
Tutti rispondono:
Deo gràtias. Oppure: Rendiamo grazie a Dio.
15. Tutti si avviano verso la chiesa: li precede il diacono (o il sacerdote) con il cero acceso. Se si usa l’incenso, il turiferario con il turibolo fumigante incede davanti al diacono.
Sulla soglia della chiesa, il diacono si ferma, e, alzando il cero, canta per la seconda volta:
Lumen Christi. Oppure: Cristo, luce del mondo.
Tutti rispondono:
Deo gràtias. Oppure: Rendiamo grazie a Dio.
e accendono alla fiamma del cero pasquale la loro candela, quindi avanzano.
16. Giunto davanti all’altare, il diacono, rivolto verso il popolo, alzando il cero, canta per la terza volta:
Lumen Christi. Oppure: Cristo, luce del mondo.
Tutti rispondono:
Deo gràtias. Oppure: Rendiamo grazie a Dio.
e si accendono le luci della chiesa, non però le candele dell’altare (vedi n. 31).
ANNUNZIO PASQUALE
17. Il sacerdote, giunto all’altare, si reca alla sede. Il diacono pone il cero pasquale sul candelabro, preparato nel mezzo del presbiterio o presso l’ambone; dopo l’infusione dell’incenso, se lo si usa, il diacono chiede e riceve la benedizione come nella Messa prima del Vangelo.18. Il diacono o, in sua assenza, lo stesso sacerdote, dopo aver eventualmente incensato il libro e il cero, proclama il preconio pasquale dall’ambone o dal pulpito: tutti i presenti stanno in piedi e tengono in mano la candela accesa.
Nel canto del Preconio pasquale sono frequenti i richiami alla liturgia della luce e al cero pasquale nella sua vera materia di cera d’api, non di plastica:
In questa notte di grazia
accogli, Padre santo, il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api,
simbolo della nuova luce.
[...]
Ti preghiamo, dunque, Signore,
che questo cero, offerto in onore del tuo nome
per illuminare l’oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
quella stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
Nella liturgia battesimale della Veglia di Pasqua il cero pasquale viene immerso nel fonte, una o tre volte, durante la benedizione dell’acqua per amministrare il sacramento del battesimo ai catecumeni ed ai bambini.
Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare nel tempo pasquale, rimane acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni di questo tempo, sia nella messa, sia a lodi e vespri, fino alla domenica di Pentecoste. Dopo di questa il cero viene conservato con il dovuto onore nel battistero, per accendere alla sua fiamma le candele dei neo-battezzati nella celebrazione del battesimo.
FUNERALI
Per il profondo significato pasquale e la diretta relazione alla vittoria di Cristo sulla morta, il cero pasquale si accende anche nella celebrazione delle esequie. Durante i funerali di un fratello infatti, dove non arrivano le parole di conforto, possono arrivare i segni che hanno accompagnato la vita liturgica e di fede dei familiari. Non si tratta, dunque, di una semplice prescrizione rituale, ma di un segno che annuncia il mistero pasquale di Cristo. Collocato accanto al feretro, indica che la morte è per il cristiano la sua vera pasqua.Il cero pasquale viene utilizzato, dalle comunità del Cammino Neocatecumenale, anche per le celebrazioni comunitarie della penitenza e per la celebrazione delle lodi in convivenza.
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